martedì 30 aprile 2013

L'Idrometro di Ripetta

Nel porto di Ripetta era collocato anticamente questo idrometro. Si tratta di una
lapide di misurazione del livello delle acque del Tevere nelle fasi di piena.
In origine era formato da quattro segmenti posizionati ad altezze diverse su cui venivano riportate le altezze raggiunte dalle piene e le date delle inondazioni.
Quando furono costruiti i muraglioni che arginavano il Tevere, tra il 1870 e il 1880, il porto fu demolito e l’unica parte rimasta dell’Idrometro, quella più alta, fu sistemata sul muro di una casa presso la riva del Tevere. Quando anche la casa fu distrutta, l’idrometro fu spostato sul muro della chiesa di San Rocco dove si trova ancora oggi.
E lì possiamo osservare l’altezza raggiunta dall’acqua nella piena impressionante del 1530 e in quella del 1598, quando l'acqua distrusse Ponte Emilio, da quel momento chiamato Ponte Rotto.

Testo e foto di Passeggiate per Roma

lunedì 29 aprile 2013

Ponte Sisto

Questo ponte collega Piazza Trilussa in Trastevere con Piazza San Vincenzo
Pallotti nel rione Regola.
Nel 1475 papa Papa Sisto IV lo fece completamente ricostruire nel luogo dove si trovavano i ruderi di un antico ponte romano.
Il foro centrale, chiamato Occhialone, fu spesso utilizzato come un rudimentale "idrometro": il livello del Tevere era giudicato più o meno pericoloso a seconda della distanza che correva tra la superficie dell’acqua e il foro del ponte.
A Roma si diceva "Si a Ponte Sisto all’Occhialone ce passa l’acqua, pòi stà sicuro che mezza Roma starà sott’acqua"
Così quando l’acqua attraversava l’Occhialone veniva dato l’allarme di alluvione.

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Ponte Fabricio

Ponte Fabricio, detto Ponte Quattro Capi, collega l'Isola Tiberina con la riva sinistra del Tevere.
Fu costruito nel 62 a.C. dal curator viarum Lucio Fabricio.
E' chiamato da sempre "Quattro capi" per i due busti che portano appunto quattro teste e che si trovano sulle spallette all'inizio del ponte. La leggenda racconta che il ponte fu restaurato nel '500 e che l'opera fu affidata a quattro architetti che durante i lavori litigarono continuamente provocando l'ira del papa. Terminati i lavori, Sisto V li fece decapitare per il loro indegno comportamento e mise questi busti con i loro quattro ritratti a monito dei posteri.
Ma, per fortuna, questa è solo una leggenda: Sisto V fece fare solo dei normali lavori di manutenzione e le erme sono raffigurazioni di Giano Quadrifronte.

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Piazza Sant'Ignazio

Cassettoni in piazza.
Canterani, i cassettoni del Settecento, o bureaux, detto alla francese, furono chiamati i palazzi che si affacciano sulla settecentesca piazza di Sant’Ignazio. Effettivamente la loro linea ricorda questo tipo di mobile, soprattutto se li si guarda di profilo e la lingua arguta dei romani lo sottolineò subito a criticare l’opera dell’architetto Filippo Raguzzini.
Sembra che il termine bureaux, storpiato in burò e poi in burrò, possa essere anche all’origine della denominazione della strada, Via de’ Burrò, che gira appunto dietro a questi palazzi.
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La Colonna Aureliana

La Colonna che si trova in Piazza Colonna è stata eretta in onore di Marco Aurelio
Sulla sua cima si trovava la statua dell’imperatore, che, perduta nel Medioevo,
Sisto V fece sostituire con quella di San Paolo. 
Il fregio che avvolge a spirale l’esterno del monumento riporta le immagini delle guerre condotte da Marco Aurelio. 
Forse non tutti sanno che la colonna porta nel suo interno una scala a chiocciola, illuminata dalle feritoie visibili anche dall’esterno. Vi si accede attraverso una porticina alla base della colonna ed è formata da 203 scalini attraverso i quali si arriva fino in cima. Intorno all’anno 1000, il Papa affidò la manutenzione del monumento ai monaci della chiesa di San Silvestro in Capite.
Il custode della colonna ebbe però l’idea di arricchirsi, chiedendo un obolo a tutti quelli che desideravano salire in cima alla colonna per ammirare da lì il panorama mozzafiato. Da qui il lucroso affare passò in appalto ad altri finché un saggio monaco non gli pose fine. Infatti nel 1119 l’abate di San Silvestro ritirò da questo strano commercio la colonna. Addirittura minacciò di scomunica chi avesse in qualche modo lucrato ancora affittando la colonna, come era stato fatto fino ad allora. E la minaccia fu messa per scritto su una lapide di marmo. Recandosi nel grazioso portico che immette alla Chiesa di San Silvestro, che si trova nella piazza omonima dietro Piazza Colonna, si può ritrovare l’iscrizione con tanto di invettiva.

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Il faro di Roma

E’ stato costruito nel 1911, nel cinquantenario della creazione del Regno d’Italia per iniziativa degli italiani emigrati in Argentina e con i fondi da loro raccolti. Inaugurato il 19 settembre, fu il loro omaggio all’Italia unita e alla sua capitale.
Alla sommità del Faro è incisa la dedica:
A ROMA CAPITALE GLI ITALIANI D’ARGENTINA MCMXI.
L’architetto che lo progettò è Manfredo Manfredi che lavorò anche alla costruzione dell’Altare della Patria di cui riprese, per il Faro, lo stile architettonico e il materiale, il marmo botticino.
Il faro è alto 20 m e alla base ha un diametro di 10 m.
In cima quattro leoni sorreggono la lanterna destinata a irradiare, nelle notti di grandi ricorrenze nazionali, una vivida luce composta di tre raggi con i colori bianco rosso e verde della bandiera italiana.
Una curiosità. Il faro è molto vicino al carcere di Regina Coeli e questo creò una curiosa consuetudine. In questo punto del Gianicolo spesso i parenti e gli amici venivano a "comunicare" con i detenuti. Grazie al favore del vento, infatti, le parole urlate in direzione del carcere arrivavano alle celle d’angolo, e da qui, attraverso il passaparola dei detenuti,raggiungevano colui cui erano destinate.

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La Barcaccia

Ogni Romano lo sa, questo è il nome della Fontana che si trova in Piazza di Spagna. 
Fu commissionata da papa Urbano VIII a Pietro Bernini, padre del grande Gian Lorenzo, nel 1627-29.
La fontana raffigura una vecchia barca che, secondo la tradizione, si sarebbe arenata all’incirca in questo punto, trasportata dalla piena del Tevere avvenuta nel 1598. La barca appare con le fiancate basse che traboccano dell’acqua imbarcata.
Questa immagine fu studiata per superare una difficoltà davanti alla quale Bernini si era trovato nella progettazione dell’opera. La pressione dell’acqua che alimenta la fontana è, in Piazza di Spagna, molto bassa. La forza che fa fuoriuscire lo zampillo è debole. 
Nel progetto si doveva tenere conto che quanto più alta era la fontana tanto più basso sarebbe stato lo zampillo. La soluzione fu trovata costruendo la fontana bassa, come una barca che affonda, e facendo partire lo zampillo quasi rasoterra.
Così nacque la Barcaccia.

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Cappella Sistina - Il Giudizio Universale

Le curiosità nascoste nel Giudizio Universale

Finita la Volta della Cappella Sistina, Michelangelo lasciò i pennelli per tornare a dedicarsi all’arte che più amava: la scultura.
Nel 1532, a distanza di 20 anni dalla fine dei lavori sulla volta, Clemente VII lo chiamò per affidargli l’incarico di dipingere la parete d’altare della Cappella Sistina. Clemente morì senza vedere neanche iniziati i lavori e a lui successe Paolo III.
A 60 anni passati, un’età in cui nel Cinquecento nella migliore dell’ipotesi ci si accontentava di godersi la vecchiaia, Michelangelo accettò l’incarico. Saliva e scendeva dall’impalcatura per dipingere questo capolavoro. L’opera fu iniziata dall’alto e terminata con
Il perimetro richiama le tavole della legge
le scene più in basso, l'ultima figura a essere dipinta fu quella di Minosse. 

Si tratta del più grande affresco mai realizzato da un solo pittore.
La parete prima dell’opera di Michelangelo era ricoperta da preziosi affreschi eseguiti nel Quattrocento dalla squadra di artisti capeggiata dal Botticelli. Al centro, tra due finestre, una scena dipinta dal Perugino raffigurava l’ascensione al cielo della Vergine.
Prima richiesta di Michelangelo fu di murare le due finestre e rimodellare totalmente la parete, in questo modo la scena del Giudizio Universale sarebbe apparsa maestosa e unitaria. Fu perciò costruito un muro a ridosso della parete, che era inclinato verso il basso di 30 cm, inclinazione che però fece in modo che il fumo delle candele e la polvere che si sollevava da terra sporcasse di più l’affresco.
Nel Giudizio Universale viene usato molto il colore blu, che è pressoché assente nella Volta. Motivo di ciò furono i diversi accordi tra Michelangelo e committente. Infatti per dipingere la Volta, Giulio II aveva imposto come condizione che la spesa dei colori usati fosse a carico di Michelangelo, e il blu, ottenuto dai lapislazzuli, era veramente molto costoso. Invece per la parete Paolo III, appartenente alla ricca famiglia Farnese, e la Chiesa, avrebbero coperto tutti i costi, anche quelli dei colori usati, così Michelangelo poté utilizzare quel bellissimo blu che vediamo nello sfondo del Giudizio Universale e che lo rende uno tra i più costosi affreschi della storia della pittura.
Gesù è al centro
Guardando il perimetro dell’affresco ci si accorge che questo disegna il profilo delle tavole della legge. 
Le figure salgono verso il Paradiso nella parte sinistra del dipinto e scendono verso l’Inferno nella parte destra dell’affresco.
In alto sono rappresentati gli strumenti della passione di Cristo: la croce, la corona di spine, la colonna della flagellazione, i dadi con cui le guardie tirarono a sorte le vesti e la spugna. 
Più in basso ci sono le anime dei giusti, in cerchio sopra Gesù e tra di loro senza dubbio anche alcuni ebrei, in particolare una figura indossa il cappello a due punte, imposto dalla Chiesa agli ebrei di sesso maschile, mentre un’altra porta un copricapo di colore giallo, colore che indicava, come si è già detto, chi era ebreo.
San Bartolomeo
Gesù è al centro della scena, raffigurato molto simile a una statua dell’antichità classica, senza barba e con il corpo decisamente muscoloso, lontano dalle immagine che siamo abituati a vedere nelle chiese.
A fianco di Gesù sono i santi patroni di Roma, San Pietro, a cui Michelangelo avrebbe dato il volto di Paolo III, e San Paolo. Intorno, i giusti e i santi raffigurati, come nell’iconografia tradizionale, ognuno con il simbolo del proprio martirio.
San Bartolomeo, a cui Michelangelo dà il volto di Pietro Aretino, tiene una pelle umana, svuotata del corpo, simbolo dell’atroce supplizio del santo che fu scorticato vivo. Secondo alcuni studiosi il viso della pelle che pende a fianco del santo sarebbe l’autoritratto di Michelangelo, e questo spiegherebbe anche perché l’immagine del viso della pelle è molto diversa da quella del santo che la tiene.
Il potere salvifico del Rosario
Le due parti del Giudizio Universale hanno caratteristiche diverse, si differenziano per le figure che vi sono ritratte: Il lato sinistro, dove prevalgono le donne, è quello femminile, il lato destro è quello maschile. Michelangelo comunque raffigura molte figure femminili e questo particolare, che a noi appare piuttosto insignificante è invece molto significativo se si pensa che nel Cinquecento i teologi discutevano ancora se le donne avessero o meno l’anima. Anche nel lato destro, quello dove predomina la presenza maschile, Michelangelo inserisce alcune figure femminili, mogli e madri degli eletti, a significare come la loro presenza a fianco degli uomini sia importante e salvifica.
Nella metà sinistra Michelangelo raffigurò le donne giuste, e Maria.
Il volto della Madonna non è pennellato come tutto il resto dell'affresco, ma è formato da un insieme di puntini colorati. Si può dire che questo di Michelangelo è il primo esempio di Puntinismo, uno stile che per la Storia dell’arte nasce solo alla fine dell’Ottocento, inventato a Parigi da Georges Seurat.
Gli Angeli chiamano i Dannati e i Beati
Nella parte bassa di questo lato i Beati si salvano, usando come corde che li issano verso il Paradiso i Rosari. Questa immagine commovente è chiaramente allusiva al potere salvifico della recita della preghiera alla Madonna.
Al centro alcuni angeli suonano le trombe che svegliano le anime e due di loro reggono i libri che contengono i nomi: il libro piccolo porta i nomi dei Beati, quello grande i nomi dei Dannati, a indicare come il numero dei Beati sia molto inferiore a quello dei Dannati.
La scala di Giacobbe. Nella Genesi è narrato che Giacobbe sognò la scala santa lungo la quale gli Angeli salgono e scendono, tra cielo e Terra. La scala è perciò legame tra cielo e terra, mondo umano e mondo divino. Secondo la Cabala la scala di Giacobbe è il centro dell’universo.
Così anche nell’affresco del Giudizio Universale, il centro esatto del dipinto fu messo da Michelangelo su una scala. Poco più in basso di Gesù si trova infatti San Lorenzo che porta la graticola, segno del suo martirio. A ben guardare però la graticola è il realtà una scala, appunto la scala di Giacobbe. Il piolo inferiore della scala è il centro esatto dell’affresco del Giudizio Universale.
Sulla destra dell’affresco, i dannati scendono fino alla barca di Caronte, i demoni li tirano e li trascinano verso la dannazione eterna. 
Minosse
La scala di Giacobbe
In un angolo Michelangelo ha collocato Minosse. E’ l’ultima figura che dipinse Michelangelo, fine della sua impegnativa impresa. Questo personaggio ha il volto di Biagio da Cesena, cerimoniere del Papa, che più volte aveva criticato l’opera di Michelangelo. L’artista si vendicò mettendolo qui, con un serpente che, attorcigliandosi intorno a lui, gli morde i genitali. A nulla valsero le proteste di Biagio. Si racconta che, andato dal Papa addirittura in lacrime, questi gli avrebbe detto: "Dio mi ha affidato le chiavi per governare il cielo e la terra, ma se vuoi essere tolto dall’inferno devi rivolgerti a Michelangelo!".
Il "braghettone". Il Concilio di Trento, nel 1563, decretò che nei luoghi sacri ogni dipinto dovesse avere il massimo decoro e questo impose anche la copertura delle nudità che aveva dipinto Michelangelo. Incaricato di applicare veli e perizomi alle figure del Giudizio Universale fu Daniele da Volterra che si guadagnò così il soprannome di "braghettone".
Molti altri segni sono nascosti nella Volta e nel Giudizio Universale. 
Ad esempio alcune lettere ebraiche, dal significato simbolico, vengono tracciate dalla posizione delle figure. 
Dovendo scegliere solo alcuni argomenti di cui parlare ho preferito dare spazio a quelli più evidenti e convincenti.
Alcune notizie sono tratte da "I segreti della Sistina. Il messaggio proibito di Michelangelo" Roy Doliner – Benjamin Blech, uno dei più bei libri che io abbia letto.

Testo di Passeggiate per Roma

sabato 27 aprile 2013

La Fontana delle Tartarughe

Graziosa e importante fontana, il disegno e il progetto originario sono di Giacomo Della Porta, del 1581.
Alla base della fontana si trovano quattro conchiglie di marmo africano, su di esse quattro efebi si alzano, appoggiando il piede ognuno su un delfino. 
Nel progetto iniziale l'opera doveva essere completata da altri quattro delfini che questi giovani avrebbero sostenuto con il braccio alzato. Ma questi ultimi delfini non furono mai realizzati, o almeno non furono mai collocati sulla fontana di Piazza Mattei.
Al loro posto nel 1658, durante i lavori di restauro, il Bernini pose quattro tartarughe di bronzo. 
Le tartarughe furono più volte rubate, per fortuna sempre recuperate e rimesse al loro posto. Il primo furto risale al 1906, l’ultimo al 1981. 
Oggi sono sostituite da copie, mentre gli originali si trovano al sicuro nei Musei capitolini.
A questa fontana è legato un racconto di cui è protagonista il duca Mattei.
Personaggio del passato, il duca Mattei era un giocatore incallito. Tanto che, a quanto racconta Zanazzo, arrivò a giocarsi in una sola notte tutto il patrimonio. Questo azzardo gli fece perdere anche la futura sposa, infatti quando la notizia giunse all’orecchio del padre di lei, il fidanzamento fu immediatamente rotto.
Ma il duca non si dette per vinto e volle dimostrare che un Mattei rimaneva sempre un uomo potente, nonostante quanto gli era successo. Si racconta che affermò che, come in una notte aveva perso tutto quello che possedeva, in una notte poteva anche creare qualcosa di meraviglioso. 
Così all’alba apparve davanti al suo palazzo la meravigliosa Fontana delle Tartarughe che, come si diceva, valeva tanto oro quanto pesava. La mattina il duca invitò a palazzo la ragazza col padre, li ricevette in una splendida sala e aprendo la finestra mostrò loro la fontana esclamando "Vedete, che cosa è capace di fare in poche ore uno squattrinato come me!" 
Dopo questa dimostrazione il padre non poté fare altro che ripristinare il fidanzamento. La finestra, che era stata protagonista di questo risolutivo coup de théâtre, fu murata a ricordo del giorno memorabile.
Anche in questa leggenda, come nelle altre, c’è qualche incongruenza. La fontana è del 1585, mentre Palazzo Mattei fu costruito nel 1616. Si pensa allora che il duca abbia fatto "solo" trasportare nella piazza la fontana o forse abbia fatto buttar giù un edificio che la nascondeva alla vista.

Testo e foto di Passeggiate per Roma

Il Cavallo del Vittoriano

Un banchetto nella pancia del cavallo
Piazza Venezia, il gigantesco e bianchissimo monumento a Vittorio Emanuele II.
Vittoriano, Altare della Patria, Monumento al milite ignoto o per gli abitanti di Roma, la "Macchina da scrivere" per la somiglianza con lo strumento di giornalisti e scrittori ormai oggi dimenticato. 
Sul monumento campeggia un cavallo, enorme, come il re che porta in groppa. La figura del cavallo è grande 16 volte quella naturale. Possiamo immaginare il grande lavoro che richiese sistemarlo sull'enorme monumento. 
Finito il lavoro di messa in loco fu offerto un pranzo... all'interno della pancia del cavallo!
Alla luce di numerose lampadine infatti ben 21 persone si accomodarono all'interno della pancia del cavallo e banchettarono.
E sicuramente è stato il pranzo più originale della loro vita. 

Testo di Passeggiate per Roma

Porta Pia

L'unico incarico che Papa Pio IV affidò al grande Michelangelo, fu quello di realizzare una nuova porta di Roma: Porta Pia. Michelangelo la decorò con tre particolari bassorilievi, ognuno formato da un cerchio circondato da una specie di arco. Nell'insieme la Porta soddisfece il Papa, anche se nessuno riuscì a interpretare subito il vero significato di quei disegni fatti da Michelangelo. La leggenda vuole che solo dopo circa un secolo il Vaticano abbia scoperto il senso di quei bassorilievi: riportano infatti il disegno di un bacile per barba circondato da un asciugamano ornato di frangia. Erano stati messi lì a ricordare che questo Papa discendeva da… un barbiere.

Testo e foto di Roma: guida alle curiosità

La Pietà di Michelangelo

La firma di Michelangelo
Ognuno di noi ha visto almeno una volta la splendida Pietà di Michelangelo che
si trova a San Pietro. Certo però pochi avranno notato che nella fascia che Maria porta obbliqua sul busto, si vede il nome dell'autore. 
Sarebbe l'unica opera firmata da Michelangelo ed ecco il perché di questa eccezione.
Si narra che il grande Artista, allora venticinquenne, si fosse appostato dietro la sua opera per ascoltare di nascosto i giudizi degli osservatori. Il caso volle che alcuni intenditori si soffermassero a lodare la "Pietà", attribuendola però a un altro artista, il Solari.
Frustrazione e rabbia spinsero Michelangelo a rimanere nascosto e, nottetempo, quando la Basilica era deserta, a uscire per incidere velocemente il suo nome sulla fusciacca della Madonna, in modo che per il futuro non ci sarebbero stati più equivoci. 

Testo di Passeggiate per Roma

I Nasoni

Chiamati Nasoni per il loro becco ricurvo da cui ininterrottamente esce acqua fresca a disposizione del viandante assetato, sono una delle caratteristiche di Roma.
I primi venti Nasoni sono apparsi a Roma nel 1874, installati a beneficio del popolo romano. Da allora il loro numero è cresciuto fino a raggiungere quasi le 2500 unità. Sono sparsi in tutta Roma dal centro ai quartieri periferici.
Inalterati nella loro forma dal prototipo iniziale furono modificati solo quando il getto d’acqua continuo fu additato come spreco e così furono dotati di rubinetto. 
Ma la soluzione non funzionò, l’acqua ristagnante, complice il caldo, creava problemi igienici. E così fu riaperta la libera cascata rinfrescante.
Tutti i romani, fin da piccoli, vengono istruiti al modo di bere da queste fontanelle: tappare con la mano il buco del "becco ricurvo" e bere l'acqua che verrà spruzzata dal forellino sulla gobba.
I Nasoni che si trovano girando per Roma hanno un’unica forma, si è detto, ma ne esistono comunque delle varianti in piccoli dettagli. 
I più antichi portano tre teste di drago, i più rari recano la scritta "Acqua Marcia", poi ci sono quelli del Foro Italico con lo stemma del CONI e i Nasoni del periodo fascista con i fasci littori a rilievo.


Testo di Passeggiate per Roma

La Fontana delle Api

La fontana delle api... tutta scaramanzia?
Nel 1644, dopo aver scolpito la Fontana del Tritone, Papa Urbano VIII affidò a Bernini la realizzazione di questa fontana. 
Doveva funzionare da abbeveratoio per cavalli. L'abbeveratoio era una vasca bassa che veniva sempre costruita in prossimità delle fontane monumentali e il Bernini lo progettò in grande stile: due valve di conchiglia aperte con tre api (simbolo della famiglia Barberini) da cui usciva l’acqua. 
La valva inferiore, bassa a livello della strada, conteneva l’acqua, mentre quella aperta in verticale aveva inciso la scritta per il pontefice Urbano VIII. 
Proprio questa scritta fu causa di interminabili critiche, maldicenze e pasquinate. Era il 21° anno di pontificato, ma dato che mancavano appena due mesi al compiersi del 22°, Bernini pensò di fare un gesto gradito al papa e mise la data con l’anno XXII. Le critiche a questa scelta, che negli intenti voleva essere beneaugurante, arrivarono puntuali e furono talmente dure che, complice la scaramanzia, il cardinale Barberini mandò nottetempo uno scalpellino a modificare la scritta.
Ma così si scatenarono a Roma altre critiche: sembrava che si volesse augurare al papa di non arrivare a quel XXII. Ed effettivamente fu proprio così: Urbano VIII morì appena 8 giorni prima del compimento del 22° anno di pontificato!
Verso il 1867 la Fontana delle Api fu smontata e depositata nel "magazzino dei selci al Testaccio".
All’inizio del Novecento, su sollecitazione di alcuni studiosi, si decise di collocarla su Via Veneto. Purtroppo però praticamente tutti i pezzi era andati perduti (!), così fu incaricato lo scultore Adolfo Apolloni di ricostruirla. E’ questa la fontana che ammiriamo oggi, riprodotta con molte modifiche rispetto a quella del Bernini.
Testo e foto di Passeggiate per Roma

venerdì 26 aprile 2013

Cinecittà

La storia. E’ Luigi Freddi, giornalista e politico, che a metà degli anni Venti suggerisce un piano di riorganizzazione della cinematografia italiana. L’ispirazione è, come naturale, Hollywood
Si comincia a costruire la Città del Cinema del cui progetto è incaricato l'architetto Gino Peressutti.
E il 28 aprile 1937 viene inaugurata Cinecittà.
Broadway
I set che si trovano a Cinecittà sono costruiti con vario materiale: pannelli di legno, lastre in vetro resina, polistirolo trattato e indurito per renderlo più resistente. Alla fine di un film le strutture usate non vengono smantellate subito dal momento che il costo e lo smaltimento dei materiali è impegnativo e inoltre le scenografie potrebbero essere sempre riciclate per altri film. 
Sulle facciate si aprono porte aldilà delle quali si scorgono grandi ambienti in cui sono girati gli interni dei film.
Gli studi sono numerati da 1 a 21, ma in realtà sono 20 perché il n°17, considerato sfortunato, non è stato usato nella numerazione. Lo studio 5 era quello preferito da Fellini.
Visitando Cinecittà si può anche trovare una troupe al lavoro. Se capita, la visita continua, ma con molta discrezione. 
A Cinecittà è allestito anche un museo, nelle sue sale sono esposti abiti e accessori originali usati per la realizzazione dei film. Si possono ammirare ad esempio gli abiti di Richard Burton e Elizabeth Taylor per "Cleopatra", quello di Alberto Sordi nel "Il marchese del Grillo".
Lo studio 5
Sono esposte foto e disegni di preparazione ai set dei film girati a Cinecittà, come quelli per "Gangs of New York" e così si può anche avere un’idea del percorso di lavoro che porta alla realizzazione di un film.
Il museo
Attualmente a Cinecittà è ancora visibile il set di Broadway, dove è stato girato il film "Gangs of New York" del 2002. Più di cento artigiani hanno lavorato sui palazzi e curato i particolari per ricostruire le vie di Broadway, riadattando la precedente scenografia di "Concorrenza sleale" del 2000.
Altro set è quello della serie "Rome". Quasi 4 ettari riproducono Roma antica dei tempi di Giulio Cesare per una serie televisiva Anglo Americana. 
E’ riprodotto il Foro Romano, la Via Sacra, la zona della Suburra. Tutto arricchito da decorazioni colorate, come doveva essere in originale e come noi non siamo abituati a vedere.
Le case del set sono basse, ma sono state costruite con i muri inclinati verso la strada, in modo che con riprese "intelligenti" nel film apparissero più alte.

"Rome"
"Rome"
"Un medico in famiglia"

Cinecittà si trova in Via Tuscolana 1055. Tutte le informazioni per visitarla sono al sito Cinecittà si mostra.
Foto di Cinecittà 

Testo e foto di Passeggiate per Roma